
Cibo e Cinema
Il cibo ha un posto privilegiato nel cinema per la sua capacità di condensare in un’immagine riconoscibile il mondo che viene raccontato. Che questo sia popolato da androidi, alieni, o da casalinghe disperate, non importa, il cibo rappresenta sempre un punto di negoziazione tra ciò che sentiamo familiare e ciò che consideriamo estraneo. Misura la distanza tra lo spettatore e le vicende narrate. Attraverso il cibo percepiamo i luoghi narrati perché, come scrive Laurel Forster in Reel Food: Essays on Food and Film, esso è legato al corpo e per sua natura costituisce un ponte tra noi e il resto: è contemporaneamente esterno e interno.
Ci sono cibi legati indissolubilmente a scene di film (il milkshake di Pulp Fiction, la crostata di fragole di Twin Peaks, gli spaghetti con le polpette di Lilli e il Vagabondo) e alcuni che hanno addirittura segnato un genere, come i noodles per il Cyberpunk.
Blade Runner
L’aspetto bizzarro dell’associazione tra noodles e Cyberpunk è che questa non deriva dalla produzione letteraria e cinematografica asiatica, bensì da quella nordamericana e ha origine da un film in particolare, Blade Runner.
Blade Runner è un film del 1982 diretto da Ridley Scott e ambientato in una Los Angeles di un futuro distopico.
Nel 2019 Los Angeles è una distesa di cemento, con le fiammate delle ciminiere che toccano il cielo. Le strade sono fumose, affollate, sporche e sulle facciate dei grattacieli si illuminano enormi cartelloni pubblicitari al neon.
Il protagonista, Deckard (Harrison Ford), nella prima scena in cui compare è seduto davanti al bancone di un noodle bar e, incapace di farsi capire in inglese, contratta faticosamente il numero di pezzi di sushi e un piatto di noodles.
La scena è volutamente caotica e non tradotta, da un lato il protagonista spazientito e rassegnato, dall’altra il ristoratore che un attimo prima non capisce l’inglese e un attimo dopo traduce a Deckard in inglese le parole di un agente di polizia.
Cyberpunk e Techno-Orientalism
Il Cyberpunk nasce come sottogenere del sci-fi negli anni ’80 e racconta le dinamiche tra umanità e tecnologia. In Nord America assume delle caratteristiche peculiari, riflette i sentimenti contrastanti di paura e ammirazione dell’Occidente nei confronti del boom economico giapponese. Il futuro distopico e alienante in cui il progresso tecnologico orientale fagocita l’Occidente viene sintetizzato da David Morley e Kevin Robins con l’espressione Techno-Orientalism.
Science fiction […] has always adopted different modes to express changing human anxieties and dreams at various times in our history.
This adaptability and ability to reflect the personal, political and the cultural has made science fiction an enduring genre in literature and film.
Tratto da Futuristic Foodways: The Metaphorical Meaning of Food in Science Fiction Film, di Laurel Forster, in Reel Food: Essays on Food and Film (Taylor & Francis, 2004).
Nel genere Cyberpunk, vale il motto “high tech, low life”, ossia all’avanzamento della tecnologia non corrisponde un miglioramento delle condizioni di vita dei più.
Non a caso Los Angeles viene descritta come una realtà in cui convivono forti contraddizioni, in cui agli enormi palazzi delle corporation si contrappongono bassifondi sovrappopolati e malfamati.
Cybernoodles
Per raccontare la miseria di una società oppressa si è scelto di far mangiare al protagonista un piatto tanto familiare quanto facilmente individuabile geograficamente come i noodles.
A senso, in un mondo tanto avanzato in cui le auto volano, si sarebbe immaginato che anche il cibo avesse assunto connotati futuristici, presentandosi in forme nuove e irriconoscibili, magari sotto forma di pillole o pasti liofilizzati. Nel film il cibo non è ordinato da un distributore automatico, né viene servito da un robot, è un piatto caldo porto dalle mani umane che lo hanno preparato.
Ma perché proprio i noodles? Se si fosse voluto usare un cibo conosciuto per comunicare il concetto di “low life” probabilmente ci si sarebbe aspettato il fast food per antonomasia, l’hamburger: economico, standardizzato e, soprattutto, americano. Invece i noodles.
Integrità e identità
Blade Runner, insieme a Neuromancer, ha sancito il distacco netto del Cyberpunk occidentale da quello orientale. Ai timori umani nei confronti della tecnologia, il Cyberpunk occidentale aggiungeva un’altra componente, che non è presente esplicitamente nella trama ma che caratterizza i mondi narrati: la paura dell’Asia. L’American way è sostituito a tutti i livelli, dalle multinazionali a ciò che si trova nel piatto. Riecheggiano nel Cyberpunk, da un lato gli effetti del boom economico giapponese, dall’altro la storica paura dell’immigrazione asiatica, paura più vecchia di almeno un secolo.
Nel Cyberpunk nordamericano, tra tutti gli elementi presi in prestito dall’estetica orientale, i noodles, in quanto cibo, esprimono con ancora più forza la preoccupazione verso un futuro incerto, dominato da paranoia e paura dell’Altro.
Un film è un lavoro di fantasia, ma la rappresentazione e la percezione dell’Altro trascendono lo schermo.
Ci sono molti progetti di sensibilizzazione in cui mi sono imbattuta mentre facevo le ricerche per scrivere questo post, uno in particolare Asian futures, without Asians, di Astria Suparak, lo vorrei condividere soprattutto in relazione al periodo storico che stiamo vivendo e ai crimini d’odio che invece non hanno mai fondamento.